San Carlo Cremona è felice di annunciare Dara Friedman con “The Tiger’s Tail”, terza mostra del progetto San Carlo ospitata all’interno della chiesa seicentesca sconsacrata di San Carlo in Via Bissolati 33 a Cremona. La mostra personale di Dara Friedman sarà aperta al pubblico dall’11 giugno al 9 settembre 2022. Per il primo anno del progetto San Carlo Cremona (settembre 2021 - settembre 2022), l’artista newyorkese Servane Mary ha invitato amici artisti ad esporre nello spazio cremonese. Ogni mostra è una presentazione personale site-specific del lavoro di un artista, caratterizzato da media differenti. La serie ha avuto inizio con la pittura: Servane Mary, “Glitches”; è proseguita con la scultura: Mark Handforth, “White-Light-Whirlwind”; e ora prosegue con il film, l’installazione sonora e la performance di Dara Friedman con “The Tiger’s Tail”. L’installazione presenta come tema principale la “vesica piscis”. Il simbolo si è rivelato nel corso della creazione della mostra, nella video-proiezione “Mandorla”, e nel disegno realizzato sul pavimento con pastelli a gesso, “The Tiger’s Tail” [La coda della Tigre]. Così questa forma ha trovato il suo spazio nell’opera. “Non la stavo cercando e non sapevo cosa fosse quando è arrivata” afferma Dara Friedman.Proiettata su un grande doppio schermo sospeso dalla cupola centrale della chiesa, “Mandorla” oscilla dall’alto sopra al labirinto “The Tiger’s Tail”, disegnato sul pavimento. In “Mandorla”, pellicola da 35mm trasferita su un video in 4K, le sfere luminose si sovrappongono come se lo spettatore incrociasse gli occhi. In preda ad una raffinata tensione, questo movimento arcuato anticipa incontri fugaci e sguardi mancati.

Occasionalmente una pantera tocca l’acqua, la sua coda si arriccia e si distende mentre stabilisce un contatto visivo, incrociando lo sguardo con quello dell'osservatore. Le increspature dell’acqua rispecchiano gli anelli luminosi del labirinto “The Tiger’s Tail” sul pavimento della chiesa. Una colonna sonora non sincronizzata di gong e singole note di violino, suoni di strumenti musicali intenzionalmente non composti, crea lo spazio necessario alla manifestazione delle loro vibrazioni che si sovrappongo e si scontrano come fanno le onde quando si increspano sulla riva. Il labirinto disegnato in gesso sul pavimento in cotto di San Carlo si protende verso i bordi della navata, con una forza centrifuga espansiva, seppure trattenuta dai limiti del tracciato. Il disegno monumentale del labirinto è temporaneo, simile a un mandala buddista, che segna un tempo splendido e passeggero. Con sorpresa, all’interno di questo ovale “perfetto”, la forma “vesica piscis” aspettava di essere scoperta. Nel suo ruolo di regista, l’artista Dara Friedman intende il labirinto come un'altra forma di fare cinema. Il percorso del labirinto porta lo spettatore a muoversi attraverso lo spazio, ruotando fisicamente il proprio corpo, cambiando il proprio punto di vista per vedere il mondo (interno ed esterno) da prospettive diverse, proprio come fa un regista. Allo stesso tempo, la narrazione che lo spettatore porta all’interno di questo percorso è un viaggio emotivo inatteso, espresso dalla memoria muscolare della sua esperienza. Mettere un piede davanti all’altro, andare avanti lungo un sentiero la cui fine non si può vedere, perché curva.